French Lover

Strane certe incomprensioni. Conosco French Lover dalla primavera dell’anno scorso, eppure solo oggi ho scoperto che mi piace. Lo avevo provato varie volte, ma non mi diceva niente. Anzi, all’inizio mi dava quasi fastidio quel suo modo di presentarsi, con quello strano odore di carta bagnata. Poi scompariva, o quasi, al mio olfatto. Qualcosa di leggero che restava sulla pelle il tempo di accorgersene e poi scivolava nell’impercettibile. Sì, era fresco, elegante, sussurrato, buono per tutti gli uomini e per tutte le occasioni. Una versione domata e più moderna di Eau Sauvage, più o meno. Che non faceva per me.
Ma come potevo pensare queste cose solo fino a qualche mese fa?
Come potevo essere così miope?
Questa settimana me lo sono rispruzzato, così, tanto per potergli fare qualche altra critica, e invece ho avuto una rivelazione. Oggi, per la prima volta, ho “sentito” veramente la sua voce, e l’ho capita.
Fino a ieri infatti mi sembrava un profumo inesplicabile – tanto più che continuavo a leggerne recensioni entusiastiche, di gente colpita da colpi da fulmine scoccati al primo spruzzo. (Sembra che French Lover abbia mietuto vittime un po’ dappertutto, anche oltreoceano, dove però è stato rinominato Bois d’Orange: chissà poi perché, visto che una delle cose che più sorprendenti di questo profumo è proprio il suo nome.)
Se dovessi definirlo con una parola direi che French Lover è un profumo all’incenso. Sulla mia pelle infatti è questa la nota predominante dopo l’esordio fresco e sottilmente agrumato. Un incenso opaco, nebbioso, quasi impalpabile. Leggermente freddo, estremamente confortevole. Non un incenso severo, da cattedrale o sacrestia (come quello di Avignon, Messe de Minuit, Bois d’Encens ecc.), sembra piuttosto di annusare un profumo d’incenso rimasto addosso a una pelle un po’ sudata, magari appena uscita da un bagno nell’acqua fresca. Il risultato è qualcosa di indefinibile, e di molto sensuale. Seducente ma un po’ distaccato, come un uomo che non ha bisogno di farsi notare e che se ne frega di fare colpo sugli altri, perché tanto sa benissimo di farlo. Uno come Mathieu Kassovitz, tanto per intenderci (foto sopra).
Sarà che da tempo mi attraggono i profumi all’incenso, sarà che French Lover somiglia a questo strano inizio d’estate, umido, piovoso, fresco, come un grumo d’inverno che non riesce proprio a sciogliersi. So solo che questo è il profumo che voglio avere sulla pelle adesso, e probabilmente anche quando l’estate sarà finita.

(French Lover è stato concepito nel 2007 da Pierre Bourdon per le Editions de Parfums Fréderic Malle - edp, 50 e 100 ml)

Comme des Garçons + «Monocle» = Hinoki


«Monocle» è una rivista nata nel 2007 – sotto la direzione di Tyler Brûlé, già fondatore di Wallpaper* ed editorialista dell’«International Herald Tribune» – per offrire uno sguardo globale, sofisticato e originale, sul mondo dell’economia e degli affari, ma anche sulla cultura, la moda, il design. Ha sede a Londra, con uffici sparsi in tutto il mondo (Tokyo, Sydney, Zurigo e New York). Vanta come collaboratori giornalisti e fotografi prestigiosi della carta stampata («New York Times», «The Independent») e della tv (BBC). Pubblica dieci numeri all’anno e ha un ricco sito internet (monocle.com) che viene costantemente aggiornato.
Magazine leggero e compatto («più un libro che una rivista»), dai contenuti snob e dall’originale veste grafica, «Monocle» nel suo primo anno di vita ha impresso il proprio marchio a una serie di oggetti esclusivi (dalle valigie alle biciclette) e adesso presenta ai suoi esigenti lettori anche un profumo.
Realizzata in collaborazione con Comme des Garçons (marchio di moda e di profumi d’avanguardia) da Antoine Maisondieu – membro del gruppo creativo di Etat Libre d'Orange – questa nuova fragranza si chiama Hinoki. Un nome rubato a quello di un cipresso che cresce solo in Giappone, dal quale si ricava un legno pregiato, utilizzato tra l’altro per costruire palazzi e templi. Conosciuto per le sue proprietà aromaterapeutiche (emana un intenso profumo di limone), l’hinoki viene usato anche nella cerimonia del bagno.
Come recita la presentazione ufficiale, Hinoki nasce da una visita a Tawaraya, un’antica locanda tradizionale nei pressi di Kyoto, dove è ancora possibile immergersi in un hinoki ofuro, una vasca di legno all’aria aperta che viene riempita con acqua calda. Il profumo vuole infatti restituire l’aroma ricco di questo legno, unito a quello della vegetazione circostante e a quelli più caldi e morbidi dell’incenso e del muschio.
Hinoki viene descritto come un «profumo secco, fresco e legnoso, con “qualcosa” di impalpabile, un’aura quasi mistica». L’elenco delle sue note è particolarmente curioso: cipresso, acqua ragia (?!), canfora, cedro, timo, pino, incenso, muschio e vetiver.
Il nome completo, “Monocle Scent One”, lascia intendere che questo sia solo il primo di una nuova serie di profumi. Staremo a vedere.
Hinoki si può acquistare nel sito monocle.com e in negozi selezionati che diffondono le fragranze Comme de Garçons. A Milano si può trovare (e provare) da 10 Corso Como (un flacone di edt da 50 ml costa 80 euro).

Immagine: Luckyscent

Serge Lutens alla Rinascente

In questo periodo Shiseido spadroneggia alla Rinascente. Un grande stand è stato allestito al piano terra e un altro qualche piano più in alto, dove si possono prenotare sedute di make-up con i loro, immagino bravissimi, truccatori. Ma non è di questo che volevo parlare, quanto piuttosto dei profumi di Serge Lutens, che in questi nuovi corner hanno ottenuto grande visibilità. Li si può addirittura provare in quattro (!) punti diversi del grande magazzino e inoltre è stato creato un angolo – adeguatamente isolato – dove i suoi eleganti flaconi fanno bella mostra di sé in un grande espositore luminoso. Sembra quindi che Shiseido sia decisa a farli conoscere a un pubblico sempre meno elitario. Mi ha un po’ sorpreso vedere tutto questo rilievo dato profumi non certo facili, né alla portata di tutti, e ammetto che mi sono avvicinato all’espositore senza un particolare interesse. Questo perché, nonostante le cose incredibili che avevo letto sui profumi di Lutens, l’ultima volta che li avevo provati ero rimasto perplesso. Mi sembravano tutti troppo “femminili”, troppo intensi, troppo ricchi, opprimenti. Importabili, per me. Miel de Bois e Cedre, addirittura insopportabili. L’unico mio ricordo positivo era legato a Fumerie Turque, ma non avevo una gran voglia di riprovarlo. Non ora almeno, magari il prossimo inverno. Perché mi sembrava si trattasse di un profumo prettamente invernale.
Non so quindi spiegare che cosa sia successo questa volta. Sarà stato quell’angolino riservato, lontano dal fluire della folla, senza inutili commesse (che ti dicono Ah, provi questo, è così buono, così particolare, sa proprio di pulito!, e poi ti propinano una di quelle robine fresche e insulse, tipo bagnoschiuma o deodorante da palestra: come se un uomo avesse l’obbligo di “sapere di pulito” quando si mette un profumo). Forse, semplicemente, questa volta era arrivato anche per me il momento di capire davvero il mondo di Serge Lutens. Così, non solo ho provato di nuovo Fumerie Turque – che mi è sembrato ancora più seducente, caldo e avvolgente, misterioso, capace di mille evoluzioni con il passare delle ore – ma ne ho spruzzato anche un altro, che mi ha a dir poco colpito. Vetiver Oriental.
(Continua)

Immagine: realizzata da Serge Lutens nel 1998 per una campagna pubblicitaria Shiseido.

Il ritorno

Dopo una lunga interruzione dovuta a cause di forza maggiore, riprendono (gradualmente) le pubblicazioni di P&C. Con qualche novità, soprattutto nella scelta dei contenuti. In questi due mesi di “sospensione” del blog sono continuate, anzi si sono intensificate sempre più, le mie perlustrazioni nel vasto, sconfinato arcipelago della profumeria (artistica e non). Ho fatto moltissimi assaggi, ho visitato nuovi negozi, accumulato molti stimoli e fatto anche qualche buon acquisto. Di tutto questo parlerò in modo più approfondito nei prossimi post, nei quali racconterò qualcosa dei profumi che ho scoperto e che mi hanno colpito – tra i quali cito almento Equipage (Hermès), Terre de bois (Miller Harris), Eau de Campagne (Sisley), Vetiver (L.T. Piver) – e altro ancora.

Messe de Minuit (Etro, 2000)

P&C vuole consigliare ai suoi lettori un profumo intonato al freddo clima invernale. Fra i tanti nomi che si potrebbero fare, ne suggeriamo uno soltanto: Messe de Minuit di Etro. Un profumo che riesce perfettamente nell’intento evocato dal suo nome (Messa di mezzanotte), quello di ricreare l’atmosfera del Natale e dell'inverno. Uno spruzzo di questa fragranza, infatti, è capace di trasportarci tra le arcate ombrose di una chiesa antica, di farci respirare l’odore delle panche di legno, delle centinaia di candele accese, sgocciolanti cera, e soprattutto delle dense nuvole di incenso che salgono dai turiboli e saturano l’aria delle navate.
Annusare anche solo una volta Messe de Minuit, significa lasciarsi riportare all’infanzia, al freddo dell’inverno e all'attesa trepida della notte di Natale. Per alcuni, forse, Messe de Minuit non sarà particolarmente facile da portare. Non è nemmeno adatto a essere indossato tutti i giorni. È invece un profumo prezioso e magicamente ricco di mistero, perfetto per una fredda notte di festa.

Personaggi: Armani, Beyoncé e me


In questa settimana prenatalizia non sono mancati gli eventi legati ai profumi. Uno in particolare si è guadagnato titoli evidenti sui quotidiani: la presentazione (lunedì 17 dicembre) alla Rinascente di Milano, di Diamonds, l’ultimo profumo (uscito a Ottobre) di Emporio Armani. Che a quanto pare sta vendendo molto bene ed è in gara per essere incoronato fragranza dell’anno dall’Accademia del Profumo. Per l’occasione erano attesi la testimonial Beyoncé Knowles e Re Giorgio in persona.
C’ero anch’io, tra la folla. Un po’ perché a quell’ora passavo da quelle parti e un po’ perché mi incuriosiva l’evento in sé, più che il profumo: secondo me decisamente stucchevole.
È stato un grande successo – hanno commentato i giornali – con tanto di folla in delirio. Una folla di ragazzini infoiati, armati di telefonino e macchina digitale per immortalare la splendida Barbie-Beyoncé – aggiungo io. Che ero lì, schiacciato e spintonato dal flusso di adolescenti (e non) che intasava i già angusti spazi della Rinascente, maltrattato dalle decine di guardie del corpo assoldate per l’occasione. Per salvarmi mi sono rifugiato nello stand Guerlain, dove ne ho approfittato per provare qualcosa di nuovo (Vetiver Extréme, per esempio, che però, come l’originale, nonostante i miei sforzi non riesce proprio a piacermi). Ho fatto il finto tonto e ho chiesto alla commessa che cosa stava succedendo, perché c’era tutta quella gente. (Non avevo visto la gigantografia della cantante che tappezzava la facciata del grande magazzino? Nemmeno lo spot mandato a ciclo continuo dagli schermi sparsi ovunque? E non avevo sentito la musica a tutto volume che pioveva dagli altoparlanti all’ingresso?). La commessa intanto sparlava dell’evento e si affannava inutilmente a richiamare la gente, che ormai, scatenata come un popolo barbaro, aveva già devastato le parti esterne dello stand (opportunamente svuotate). La folla turbinava intorno al centro del piano terra: l’epicentro dell’evento. È là, eccola, è arrivata! vociavano i ragazzini. È lui? Sì, è lui, è Re Giorgio! strillavano in estasi le segretarie uscite prima dal lavoro per essere lì in tempo. Io invece non ho visto niente, solo un mare di persone assiepate ovunque, aggrappate alle colonne, affacciate alle balconate del primo piano. Tutti a guardare verso un bagliore azzurro là in mezzo, magnetizzati.
Mi chiedo perché Armani non abbia approfittato di uno dei suoi immensi spazi sparsi in tutta la città (negozi, teatri, showroom ecc.) per festeggiare Diamonds, piuttosto che occupare la Rinascente. Che in questo periodo è già presa d’assalto da folle spietate a caccia dell’ultimo regalo o di sniffate gratis. E a questi ultimi mi aggiungo anch’io.
Mi sarebbe piaciuto raggiungere il minuscolo stand di Hermès per spruzzarmi un po’ di Equipage, che mi voglio regalare, ma l’impresa si è rivelata impossibile. Due gorilla mi hanno bloccato, invitandomi, con grugniti eloquenti, a sloggiare. Ancora due passi e ce l’avrei fatta. Avrei potuto allungare un braccio e richiamare l’attenzione della commessa Hermès, che tanto non stava facendo niente. Come tutti gli altri commmessi, del resto, i quali non potevano fare altro che stare a guardare. Saranno stati felici, immagino, di starsene con le mani in mano in uno dei giorni cruciali per le vendite. Mentre gli addetti del corner Armani vendevano Diamonds come il pane ai fans che volevano farsi autografare la scatola. Io invece ho preferito guadagnare l’uscita. Avrei cercato Equipage in qualche profumeria più defilata e non invasa da orde di ragazzi che probabilmente non avevano nemmeno capito che cosa ci facesse lì la bellissima Beyoncé. Poco importava, a loro. L’importante era che ci fosse, in carne e ossa. Da vedere, magari da toccare, annusare, desiderare. Come dargli torto?

Storie di profumi: Eau Sauvage (Dior, 1966)


Sono molti i motivi per cui Eau Sauvage è entrato nella storia. Lanciato nel 1966, era il primo profumo per uomo della maison Dior: «una eau de toilette di grande semplicità naturale, creata in un momento in cui tutti parlavano di purezza naturale e di natura “selvaggia”» (Osmoz).
Inoltre – per la prima volta in una fragranza maschile – nella sua composizione comparivano varie note floreali. Pur essendo rivolto a un pubblico maschile, si può dire che Eau Sauvage sia stato uno dei primi profumi unisex.
Il suo creatore, Edmond Roudnitska (artefice, tra gli altri, di fragranze storiche come Diorella e Diorama), lavorò su una composizione piuttosto semplice di aromi. Spruzzandolo, si possono riconoscere le note agrumate di limone e petitgrain unite a quelle aromatiche del rosmarino e del basilico. Le innovative note floreali sono invece racchiuse nel suo cuore, dove troviamo il gelsomino, la rosa, il garofano e l’iris. Le note di fondo, invece, sono quelle legnose, intense e maschili del vetiver e del muschio di quercia.
Altro elemento rivoluzionario in Eau Sauvage fu l’uso (in piccole quantità) di una molecola allora appena creata dalla Firmenich (colosso svizzero della profumeria), chiamata Hedione®. Una molecola che è all’origine della sua intensa e inconfondibile freschezza, e dalla quale ha preso le mosse la profumeria moderna, basata sulla commistione di essenze naturali e di elementi sintetizzati in laboratorio.
Nel tempo Eau Sauvage si è conquistato una folta schiera di estimatori ed è diventato un classico, amato per la sua leggerezza e la sua elegante discrezione sia dagli uomini sia dalle donne.
Tuttavia sembra piacere poco agli esperti del settore. Luca Turin, per esempio, uno dei massimi conoscitori di profumi, pur riconoscendo la maestria della composizione e il suo carattere rivoluzionario per l’epoca in cui fu creato, lo definisce, senza mezzi termini, «orribilmente raffinato». E aggiunge che si tratta di un profumo «perfetto per il suo tempo... per certi giovani conservatori in camicia a righe degli anni sessanta ». E gli fa eco Chandler Burr (critico di profumi del “New York Times”, noto anche ai lettori delle pagine di “D la Repubblica delle Donne”), il quale ammette di ammirare Eau Sauvage, «senza però riuscire ad amarlo».
Gusti a parte, Eau Sauvage detiene un altro primato: quello delle vendite. Dalla sua nascita, infatti, è un vero e proprio long seller della casa Dior e della profumeria in generale. Dopo essere stato per oltre venticinque anni il profumo maschile più venduto al mondo, continua a occupare i primi posti nella classifica delle vendite: nel 2005, per esempio, è stato il terzo profumo maschile più venduto nei negozi Sephora in Francia.